Salute globale, esperti: “Puntare su prevenzione 2.0, ricerca e accesso a cure”

(Adnkronos) – Prevenzione, ricerca, innovazione sono tre asset fondamentali per poter vincere la sfida della Global health, sfida su cui nel nostro Paese devono convergere tutti gli attori per garantire la sostenibilità del sistema. Per dare le risposte necessarie alla salute globale, generare benessere e ridurre le disparità è necessario un cambiamento, che ha bisogno della collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Questo è il messaggio attorno al quale si sono confrontati oggi a Roma esponenti istituzionali, di Governo, Parlamento, Regioni, associazioni, accademia, società scientifiche e industria, in occasione della seconda edizione di 'InnovaCtion', un appuntamento annuale per politica, istituzioni nazionali e locali, associazioni ed aziende pubbliche e private per discutere le traiettorie future della cura della salute in Italia e nel mondo. Focus dell'iniziativa promossa da Gsk la Global health, l'innovazione sanitaria per le comunità e gli investimenti necessari a generare maggiore competitività e indipendenza per il Paese, e così ripensare la salute quale motore di benessere globale. Entro il 2030 – ricorda una nota – si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni aumenterà di oltre un terzo, raggiungendo 1,4 miliardi di persone. L'Italia è uno dei Paesi più longevi: si conferma al secondo posto tra i 27 Stati membri dell'Ue, con 83,6 anni, dopo la Spagna. In particolare, gli over 65 italiani rappresentano il 23% (oltre 4 punti percentuali in più rispetto alla media Ue) della popolazione totale, e nel 2050 si prevede che ne costituiranno fino al 35%. E' necessario perciò ripensare l'attuale sistema di welfare e sanitario, considerando che 4,8 milioni di persone sono a rischio di esclusione sociale. Non parliamo solo di un costo, però, per servizi assistenziali e sociosanitari, poiché questa fascia costituisce una vera e propria economia che vale il 19,4% del Pil in termini di reddito, pari a 321,3 miliardi di euro (37,2% di quelli rilevati a livello nazionale), e di consumi, 176,1 miliardi di euro, pari al 25% dei consumi delle famiglie italiane. Se si pensa poi ai 50enni, in 10 anni sono cresciuti più del 50% tra gli occupati, ossia 8,9 milioni nel 2020 rispetto ai 5,9 del 2010. Mantenere in buona salute la popolazione adulta significa quindi favorire la ricchezza, incrementare i consumi e ridurre i costi socio-assistenziali nel tempo. In tal senso – è emerso dall'incontro – è essenziale prevedere un percorso di salute che ruoti attorno a un nuovo concetto di prevenzione, una 'Prevenzione 2.0', una presa in carico della persona, che possa contribuire a garantire un futuro di salute alla popolazione. In tal senso, la proposta del direttore generale del ministero della Salute, Francesco Vaia, di un 'Calendario della salute' che segni idealmente tutte le tappe più importanti della salute della persona, rappresenta un approccio vincente. Disegnare un percorso che va dall'allattamento al seno alle vaccinazioni dell'infanzia e dell'adolescenza, sino ad arrivare alle vaccinazioni dell'età adulta, ancora troppo sottovalutate, quando invece costituiscono tappe fondamentali, insieme agli screening, per un invecchiamento in salute. Per parlare di invecchiamento attivo, infatti, oltre a seguire un buono stile di vita, le strategie nazionali, europee e internazionali dovrebbero dare priorità alla protezione e alla prevenzione. In questo senso – prosegue la nota – i programmi di immunizzazione 'durante il corso della vita' sono una delle misure più efficaci per tutelare la salute pubblica, l'economia e ridurre le disparità sociali. Tuttavia, se si esclude quanto fatto per Covid-19, quasi l'80% dei Paesi europei investe meno dello 0,5% della propria spesa sanitaria per i programmi di vaccinazione. E l'Italia investe lo 0,7% della spesa farmaceutica totale (20,5 miliardi nel 2022 secondo Aifa) nei vaccini per adulti, ovvero circa 144 milioni di euro. Eppure, grazie all'innovazione farmaceutica, in 20 anni in Italia la mortalità per le patologie croniche è diminuita del 40% e nel 2022 il settore si è confermato fra quelli a più alto tasso di innovazione, con investimenti pari a 3,3 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi destinati agli impianti di produzione e 1,9 alla ricerca e sviluppo. Sempre nel 2022, l'Italia ha raggiunto un valore di produzione farmaceutica di oltre 49 miliardi di euro, in cui le aziende a capitale estero costituiscono un motore trainante per l'innovazione, con un'incidenza in termini di valore della produzione maggiore del 60%. Un comparto che già oggi rappresenta il 2% del Pil e che potrebbe generare ulteriore benessere in termini di salute per una popolazione in progressivo invecchiamento, per l'export, il lavoro e la crescita economica. Gsk – conclude la nota – ha scelto l'Italia dagli inizi del '900 per insediare poli strategici di ricerca e produzione e per investire nel Paese, dove oggi può contare su oltre 3.600 dipendenti di 47 nazionalità diverse, di cui il 65% laureati e il 51% donne, di cui il 44% occupa posizioni manageriali. Nel 2022 l'azienda ha impiegato 355 milioni in lavoro e retribuzioni, sviluppando un fatturato di 1,2 miliardi di euro, di cui il 40% per l'export di prodotti e servizi. Ancora più rilevante l'impegno quinquennale di Gsk negli investimenti, che vede nel periodo 2020-2025 un totale previsto di 800 milioni di euro, di cui il 59% destinato ai vaccini e il 41% ai farmaci, mentre alla sola ricerca va il 14% del totale. "Gsk ha scelto da tempo l'Italia per insediare poli strategici di ricerca produzione e ha continuato a farli crescere negli anni, ottenendo notevoli risultati in termini di farmaci e vaccini innovativi messi a disposizione di tutto il mondo – ha dichiarato Fabio Landazabal, presidente e Ad di Gsk Italia – Noi crediamo nel sistema Paese e vogliamo continuare a contribuirvi, ma come tutto il settore siamo soggetti alla pressione competitiva di altri Paesi che sanno attrarre gli investimenti con migliori condizioni di accesso all'innovazione, di tutela della proprietà intellettuale e con sistemi decisionali e regolamentari più rapidi". Con i "cambiamenti dell'economia ed il progressivo invecchiamento della popolazione – ha chiosato Landazabal – non basta però aumentare le risorse a disposizione per migliorare la salute della popolazione, salvaguardare l'economia ed incoraggiare il settore. Serve un nuovo Piano nazionale per le scienze della vita, pensato insieme da politica, istituzioni nazionali e regionali, accademia, associazioni e settore privato, che integri le nuove tecnologie e consenta una presa in carico della persona a 360 gradi, nella prevenzione e nel trattamento, e che faciliti l'accesso all'innovazione, generando attrattività all'investimento e sviluppo per il Paese". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *