Migranti, respinto in Libia vince causa e può venire in Italia ma “l’ambasciata non risponde”

(Adnkronos) – "Una nuova terribile ingiustizia. Un giudice italiano ha ordinato l'immediato ingresso in territorio italiano di Harry, rifugiato sudanese vittima del respingimento illegale Asso Ventinove del 1-2 luglio 2018, ma l'ambasciata italiana non risponde". E' la denuncia di Mediterranea Saving Humans che spiega come lo scorso 10 giugno il giovane abbia vinto la causa intentata contro parte del Governo italiano (Consiglio dei ministri, ministeri della Difesa, dell'Interno, degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Ambasciata d'Italia a Tripoli). "Il giudice – dice la sentenza – accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara il diritto del signor Harry (nome di fantasia, ndr) di presentare domanda di protezione internazionale in Italia e ordina alle amministrazioni competenti di emanare tutti gli atti ritenuti necessari a consentire il suo immediato ingresso nel territorio dello Stato italiano". Una vittoria per Harry, il suo team legale (Cristina Laura Cecchini, Loredana Leo, Giulia Crescini e Ginevra Maccarrone nell'ambito del progetto Sciabaca & Oruka dell'Asgi) e per il JLProject, progetto di Mediterranea Saving Humans che segue da anni il ragazzo e che ha effettuato le indagini forensi per il suo caso. "Harry è in Libia da troppi anni, ha visto morire amiche e amici, in mare, nei lager libici e anche a casa sua in Sudan. Ha sofferto la fame, la sete, non ce la fa più. E' stato illegalmente deportato in Libia da una nave italiana, la Asso Ventinove, su ordine del Governo italiano. Un gigantesco (276 tra uomini, donne e bambini) respingimento, avvenuto in segreto, per nascondere l'illecito agli occhi del mondo", dicono i volontari di JLProject, che nel 2019 hanno scoperto il caso. "Abbiamo trovato le prove della sua illegalità – dicono -, abbiamo pianto i morti che si sono susseguiti negli anni (Josi e Seid morti di fame e malattia nei lager libici, Amela stuprata e uccisa da un libico), ci siamo ancora più legati ai sopravvissuti e abbiamo cercato di aiutarli legalmente. E poi abbiamo vinto la prima causa". "Harry oggi potrebbe festeggiare la straordinaria vittoria legale, tanto agognata, contro la terribile ingiustizia del respingimento illegale che ha subito cinque anni fa – dicono da JLProject -. Ma sta, invece, soffrendo per una nuova atroce ingiustizia: l'Ambasciata italiana a Tripoli non risponde alle richieste dei suoi legali, ignorando, così, la sentenza di un giudice italiano". Secondo le avvocate del giovane sudanese l'Ambasciata italiana a Tripoli non avrebbe risposto alle due diverse Pec inviate. "La sentenza è esecutiva e Harry ha il diritto di prendere un aereo di linea da Tripoli per Roma – dicono da Mediterranea -. Ma purtroppo non ha il passaporto, condizione comune alla maggioranza dei rifugiati (le guardie dei lager libici rubano soldi e documenti ai detenuti). Ha solo il documento Unhcr (status di rifugiato), che, però, non è un titolo di viaggio. L'Ambasciata italiana a Tripoli ha perso la causa e per effetto della sentenza deve emettere immediatamente un documento sostitutivo che consenta ad Harry di poter salire sull'aereo. Eppure non lo ha ancora fatto". "Le politiche di esternalizzazione svuotano il diritto d'asilo respingendo e bloccando illegittimamente le persone in Libia e in altri Paesi non sicuri – dicono le avvocate di Asgi -. Questa decisione finalmente riporta al centro il diritto a cercare protezione attraverso l'ingresso sul territorio italiano. Le autorità del Paese di bandiera della nave e le autorità che coordinano le operazioni hanno il preciso compito di pretendere il rispetto del principio di non refoulement e di agire in questo senso". Il JLProject fa appello a tutti per "chiedere al Governo italiano l'immediato rilascio dei documenti di Harry e si augura che le ingiustizie continue subite da questo e da tanti altri uomini, donne e bambini in Libia cessino una volta per tutte".   —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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