Messina, avrebbero diagnosticato falsi tumori e impiantato protesi mammarie. Processo a tre medici del Policlinico
Truffa ai danni dello Stato, perizie false, ma soprattutto avrebbero diagnosticato falsi tumori o la necessità di sostituire protesi mammarie già impiantate, quando ciò non era affatto necessario con l’obiettivo di poter rifare il seno alle signore evitando così la clinica privata e appesantendo i conti dello Stato con interventi di chirurgia estetica.
Si tratta del processo a carico di tre medici che nel giugno del 2016, su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tiziana Leanza, finirono agli arresti domiciliari. In aula stamani Elio Calbo, il figlio Enrico e Massimo Marullo. Oggi è toccato ai consulenti della Procura Lino Grassi e Francesca Ventura passare in esame i dodici casi di “masectomia” nel reparto di endocrinologia diretto all’epoca dei fatti da Elio Calbo. A preoccupare gli inquirenti era stata la facilità con la quale il terzetto procedeva a fare interventi demolitori, per poi rifare il seno, con criteri di chirurgia estetica. E gli interventi non davano il risultato sperato e bisognava pure ripeterli. Un caso che emerse più di tre anni fa quando una paziente si presentò dal primario di Chirurgia plastica del Policlinico di Messina Francesco Stagno d’Alcontres, per chiedere un intervento “ricostruttivo”.
Al diniego del medico, che è stato anche parlamentare di Forza Italia, la paziente protestò spiegando che invece il professore Calbo questi interventi li aveva fatti. L’episodio fu segnalato dal primario alla direzione sanitaria. Di qui una lunga indagine interna, svolta anche dall’ex direttore generale Giuseppe Pecoraro, che accertò l’anomalia. La commissione di indagine sospese i medici per un mese e poi segnalò attraverso il dipartimento amministrativo diretto da Giuseppe Laganga il fatto alla Procura della Repubblica. Secondo gli investigatori in tutti i casi le donne sarebbero state all’oscuro della truffa. I medici sono assistiti dagli avvocati Giuseppe Carrabba e Piero Pollicino. Il Policlinico è coinvolto nella doppia veste: da un lato come parte civile, dall’altro come responsabile. Impegnati nella difesa gli avvocati Carmelo Scillia e Giuseppe Vadalà Bertini. Parte civile anche una donna, difesa dall’avvocato Luigi Giacobbe, a cui avevano diagnosticato una neoplasia e sottoposto ad intervento per ben due volte.