Cultura, a Roma gli “scorci siculi” della fiera “Più Libri Più Liberi 2021”

Quest’anno dopo quasi ventidue mesi dall’inizio di questa pandemia che ha impedito lo svolgersi di innumerevoli eventi dal vivo, è tornata Più Libri Più Liberi: la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria che si svolge a Roma nel mese di dicembre, prima fiera italiana dedicata esclusivamente all’editoria indipendente. Dal 2017, la manifestazione si tiene presso il nuovo centro congressi della capitale, La Nuvola, in cui ogni anno circa 500 editori provenienti da tutta Italia hanno la possibilità di presentare al pubblico il proprio catalogo, e si svolgono centinaia di eventi e dibattiti in cui incontrare autori e discutere sulle tematiche di settore.
Vedere così tante persone in uno spazio chiuso, seppur così grande e nel rispetto delle vigenti normative anti Covid, però, è stato disarmante, ma soprattutto entusiasmante, quest’anno si sono infatti registrati circa 90.000 ingressi, un numero significativo data la crisi di questo settore.
Girando fra gli stand è inevitabile perdersi nella grandezza di un luogo così unico, facendosi pervadere dalla meraviglia di leggere così tanti nomi di case editrici e travolgere dalla voglia di scoprirle tutte.
Personalmente ho avuto il piacere e l’onore di parlare con piccole case editrici siciliane, come Navarra, attiva nell’impegno civile da quasi vent’anni e i cui principali campi di interesse sono legalità, migrazioni, questione di genere e diritti umani. Ottavio Navarra, l’editore, racconta infatti come l’amore per i libri, che sono grande motore di cambiamento e fondamentale strumento di conoscenza della realtà, ma anche splendidi compagni di viaggio, abbia sempre mosso il loro impegno anche nella promozione, insieme alla casa editrice Sellerio, di eventi importanti come Una Marina di Libri. Dall’anno scorso hanno lanciato un altro importante festival: Il mare colore dei libri, a Marsala. Il loro punto di forza è proprio il muoversi su più piani, tra narrativa e saggistica, tra libri e iniziative culturali, per unire creatività e impegno civile, anche con libri ed eventi dedicati ai bambini. Il cuore pulsante della casa editrice è tenuto vivo dal considerarsi una piccola grande famiglia, una casa in cui poter ragionare e poi muoversi insieme in uno spirito di comunità.
Questo stesso entusiasmo si può ritrovare anche in Giankarim De Caro, autore di “Malavita”, “Fiori mai nati” e “Chianchieri”, tutti editi da Navarra. Nei suoi romanzi De Caro racconta degli ultimi, dei poveri, parla di prostitute disperate, di genitori ludopatici che arrivano a vendere un figlio sul tavolo da gioco, e di emigranti traditi dal sogno garibaldino. Ambientare i propri romanzi sullo sfondo di una Sicilia decadente non è solo emotivamente provante, comporta anche rischi d’altro tipo. «Per quello che ho scritto in “Fiori mai nati” mi hanno aggredito, mi hanno rotto il naso» ci racconta l’autore, «ciò di cui parlo però è il riassunto di una vita.» Aprendosi con onestà ha raccontato, infatti, di essere cresciuto in una casa di riposo e di aver avuto un’infanzia difficile, piena di mancanze, riuscendo però grazie alla scrittura e alla lettura a buttar fuori tutto il suo mondo; ma, nonostante questo, non si rispecchia con le pagine che scrive, così dure e amare, perché «sono gli eventi normali della vita, la vita non è facile per nessuno. Se io ti chiedo di raccontarmi un momento felice della tua vita tu non mi racconterai del giorno in cui hai ricevuto un regalo, ma di un giorno in cui hai superato una tua paura, un tuo problema. Quelli sono i momenti felici della vita, quando si cresce e le prove che ci dà la vita sono crescita. Io sono stato fortunato perché la vita mi ha dato tanti momenti di crescita e quindi tanti momenti amari che poi sono diventati di riscossa».
In questo paradiso editoriale che è questa fiera, ci si può imbattere in case editrici che pubblicano anche autori siciliani, ma che sicule non sono, è il caso di Spartaco Edizioni e di Graphophel, che mi hanno permesso di intavolare delle discussioni davvero stimolanti con degli autori anche un po’ particolari. Tra le novità di quest’anno per Spartaco Edizioni, infatti, troviamo “La leggende del Malombra” e “I casi di Bolla. La morte e il mago” rispettivamente di Vincenzo Sacco e Marco Castagna. Il primo romanzo, di genere storico-avventuroso, si basa su una leggenda meridionale che si rifà alla figura dell’incubus etrusco, «la storia è ambientata in Sicilia, nel 1848, al tramonto dell’era delle due Sicilie e all’alba della protomafia», spiega l’autore, «momento in cui la Sicilia ha bisogno di un eroe, un giustiziere mascherato, una sorta di “Zorro” nelle due Sicilie, che però ha più le sembianze di un demone che incute timore nei malavitosi, pronto a combattere il male con le sue stesse armi, la paura e le intimidazioni, inscenando nottetempo le macabre resurrezioni di vittime di mafia, proprio per omaggiare le vittime dell’antimafia, che nemmeno con la morte smetteranno di combattere.»
“I casi di Bolla” è invece un giallo non convenzionale proprio a partire dal detective protagonista, personaggio bizzarro e sui generis, che di fatto detective non è. Bartolomeo Bolla si trova a investigare su un uomo della borghesia palermitana, improvvisamente scomparso, ma non è un investigatore, bensì un indovino, un cartomante. Marco Castagna si sofferma molto sul raccontarci di questo protagonista: «indaga nel mondo dell’alta prostituzione, si cala nei personaggi e negli ambienti della borghesia palermitana come della carta assorbente, scoprendo torbidezze con un mezzo particolare, l’empatia e portando a galla soprattutto quello che c’è dentro le persone, da investigatore di anime qual è.»
Da Graphophel invece ho avuto modo di parlare con Roberto Disma, che ha scritto “Il viaggio. Vite e avventure di Giovanni Verga” scoprendo inaspettatamente un Verga totalmente diverso dall’autore studiato tra i banchi di scuola. Oltre il verista che tutti conosciamo c’era una persona ricca di sfaccettature, un esploratore del vero che però non si rispecchiava nel verismo. «Era una persona piena di vita, molto irruenta ed impulsiva, era un uomo che non voleva farsi strumentalizzare né scendere a compromessi, e la cui sicilianità viene trasposta in un linguaggio universale», racconta Disma. Censurato quasi fin dal momento della morte, si diceva utilizzasse la sua scrittura per far passare il popolo siciliano come inferiore, cosa assolutamente non vera, anzi aveva anche una visione innovativa della donna, accento sul quale non si pone quasi mai l’attenzione. Era considerato da alcuni anche uno dei primi fotoreporter della storia, cosa che molti non sanno: venne addirittura in incognito a Messina nel 1908 per documentare il disastro del terremoto, che fino a quel momento era invece stato sminuito dalle istituzioni.
Risulta impossibile, ovviamente, fermarsi in tutti i 530 stand che la Nuvola contava quest’anno, ma laddove ci si ferma non si può che lasciare un piccolo pezzo di cuore, perché quando si ha a che fare con realtà molto più piccole dei ben più noti colossi editoriali, il libro non è considerato solo un prodotto, un investimento, ma una creatura ricca di potenziale di cui avere cura in ogni sua fase. (Mariam Petaroscia)

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