Anniversario strage Capaci. Orlando:”Attualizzare i loro insegnamenti”

“Le mafie si nutrono delle difficoltà dei cittadini e la pandemia ha fatto scaturire una crisi economica ed occupazionale che può diventare il substrato ideale per una recrudescenza dell’illegalità su più fronti. Ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oggi,  vuol dire attualizzare i loro insegnamenti e il loro operato per evitare che la gravissima crisi sanitaria ed economica, che stiamo vivendo, possa creare terreno fertile per i mafiosi”. Ha dichiarato Leoluca Orlando, presidente di ANCI Sicilia in occasione del 29esimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone e Francesca Morvillo insieme agli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
 “Il  sistema produttivo dei nostri territori è, purtroppo, in ginocchio – continua il presidente Orlando-  e se vogliamo  evitare che venga fagocitato dalle mafie, come rappresentanti delle istituzioni e come cittadini, abbiamo il dovere  di  mettere in campo riforme e azioni concrete per rafforzare a livello centrale e nel sistema delle autonomie locali la capacità dello Stato e degli Enti locali, in quanto solo fornendo le adeguate risposte ai diritti dei cittadini potremo mettere le basi per  una ricostruzione reale basata sui principi della legalità e della trasparenza”.
“Non c’è sviluppo e progresso civile  senza legalità – conclude  Orlando – ed è per questo che non  dobbiamo abbassare la guardia nei confronti della criminalità organizzata e dei suoi tentacoli che vanno debellati con il contributo di tutti: istituzioni, imprese, sindacati e società civile”. Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci (sul territorio di Isola delle Femmine) con una bomba composta da 500 kg di tritolo, uccise il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, alle ore 17:57, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.
 

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